Classico, semplice e diretto: semplicemente Noel Gallagher.

Classico, semplice e diretto: semplicemente Noel Gallagher.

"Buonasera". Inizia così, poco dopo le nove e mezza di un sei luglio infuocato sul palco del Postepay Milano Summer Festival di Assago, il concerto dei Noel Gallagher's High Flying Birds a distanza di tre mesi dall'unica data italiana al Fabrique, organizzato da Live Nation. È proprio lui, Noel Gallagher, a salutare i fan che lo accolgono calorosamente, gli stessi fan che ha sempre elogiato in maniera peculiare. L'amore che ha per i suoi seguaci italiani è totalmente e visceralmente ricambiato.
Noel Gallagher apre con due brani del suo primo album solista, (Stranded On) The Wrong Beach e Everybody's On The Run, e continua con Lock All The Doors, canzone del suo nuovo album (Chasing Yesterday, uscito il 2 marzo scorso) che ha avuto una gestazione di quasi 23 anni. A questo punto The Chief (com'è soprannominato sin dall'era Oasis), dopo essersi ripetutamente asciugato il volto con l'asciugamano, si abbandona al suo caratteristico umorismo: "Fa freddo, no? Sto fottutamente ghiacciando", per poi riprendere con il primo singolo estratto da Chasing Yesterday, In The Heat Of The Moment. Se a marzo le dimensioni ridotte del palco erano state considerate da alcuni un punto a sfavore, questa volta c'è spazio anche per i fiati e lo schermo alle spalle della band è stato sostituito con un telone nero che riporta l'acronimo NGHFB, mentre due maxi schermi si trovano ai lati del palco. Uno stage essenziale in pieno stile Gallagher, che ai fronzoli delle scenografie ha sempre preferito uno spettacolo di qualità.
La prima cover degli Oasis è Fade Away, un salto nel passato senza nessuna malinconia, per poi lasciare posto a Riverman, prima traccia dell'ultimo album solista. The Death Of You And Me, che sancì il ritorno di Noel in scena dopo un silenzio durato quasi due anni in seguito allo scioglimento degli Oasis, è accolto dai presenti con trasporto, per poi passare a You Know We Can't Go Back. Il caldo torrido e le zanzare non lasciano scampo a Gallagher che, nella sua camicia di jeans, giunge a uno dei momenti sacri dello show che si ripeteranno ancora un paio di volte durante la serata. È giunto il turno di Champagne Supernova e sul ritornello si allontana dal microfono, facendo un passo indietro, lasciando che siano i presenti a cantare. È sufficiente guardarsi intorno per comprendere la magia del momento, l'inspiegabile misto di emozione e devozione che lega molti dei presenti al mancuniano riservato e burbero sul palco.
Dopo un tale brano, solo una ballata già diventata intramontabile come The Dying Of The Light può essere all'altezza dell'apice raggiunto dal concerto. Concerto che, comunque, non ha mai avuto momenti bassi, con un Noel Gallagher magistralmente preciso a ogni nota. È il turno di AKA... Broken Arrow e della scanzonata Dream On per poi fare un salto nel passato di più di vent'anni. Gallagher imbraccia una chitarra acustica e bastano i primi secondi a suscitare la gioia è l'emozione dei fan: è Whatever, indimenticabile brano targato Oasis che è il simbolo delle origini, degli inizi della band mancuniana, dei giorni in cui tutto era ancora da scrivere e Definitely Maybe stava prendendo forma. Ed è qui che arriva, più prepotentemente e meno silenzioso di altri momenti, uno dei grandi ideali della generazione degli Oasis: essere liberi di essere ciò che si vuole, senza ostacoli, senza costrizioni. Una semplice affermazione in cui milioni di persone si sono ritrovate, perché lui sul palco ne è la dimostrazione, partito da Burnage per arrivare a Knebworth, Maine Road e Wembley.
The Mexican anticipa Digsy's Dinner, durante la quale un pensiero, forse fugace, forse più intenso, non può che andare al lasagne strascicato di Liam Gallagher, parecchi anni fa. Ma non c'è tempo per sentimentalismi o nostalgia e l'ultima canzone prima del bis è If I Had A Gun..., uno dei pezzi migliori scritti da Noel.
La pausa è un momento sempre agrodolce, sospeso tra la gioia del concerto e la consapevolezza che sta per terminare. Gli ultimi tre brani del concerto portano al termine in un crescendo di emozioni e coinvolgimento a cui non si può rimanere indifferenti. È The Masterplan il primo, e Noel ancora una volta si allontana dal microfono e lascia fare al suo pubblico - i beautiful bastards: eccolo, un altro messaggio. Siamo tutti parte del Masterplan e anche se la vita non ci farà capire cos'ha in serbo per noi, continueremo a cantare forte e orgogliosamente. Ogni volta che The Chief ripropone questo brano, sembra che tutti - chi con una mano sul cuore, chi con le lacrime agli occhi, chi abbracciato ai suoi amici - siano intimamente segnati da quelle parole, come qualcosa che li anima, qualcosa in cui credono. In quel momento, tutto sembra chiaro e le parole di Noel sono contemporaneamente di una semplicità e una profondità disarmanti, come molte volte è stato nel corso della sua carriera.
AKA... What A Life! preannuncia un finale che tutti aspettano e che è sempre come la prima volta. Gallagher ringrazia con poche parole in italiano per poi aggiungere "I'll see you somewhere" con una formula che ai fan degli Oasis più accaniti ha sicuramente riportato alla mente ricordi dolorosi immediamente successivi allo scioglimento della band. "Sto morendo", asserisce asciugandosi il volto, notevolmente provato dall'esibizione ma per niente impensierito.
Don't Look Back In Anger, in scaletta in versione elettrica, riporta ad Assago vent'anni di storia. Non solo la storia del suo compositore, del brano, della band, della complementarietà inscindibile tra i due fratelli del Britpop. È anche la storia di ogni singola persona presente che canta il testo a squarciagola e nelle parole dell'anthem of a generation ritrova se stesso e ciò che ama, la musica e chissà quanti altri pensieri.
Noel Gallagher non è nato per fare il frontman, lo ammette lui stesso. Non ha un palcoscenico monumentale, non dà spettacolo (anche se chi lo apprezza trova nei suoi bravi siparietti una fonte di divertimento), non si muove, non incita la folla. Fa ciò che sa fare e lo fa nella maniera migliore e tutti quelli che potrebbero essere punti di svantaggio per altri artisti, sono "parte di lui", lo caratterizzano e lo definiscono. Supportato da una band con cui ormai ha trovato equilibri e bilanciamenti giusti, Noel regala il suo spettacolo. Classico, semplice e diretto: semplicemente Noel Gallagher.

A cura di Valentina Colombo 

chasing yesterday, live nation italia, nghfb, noel gallagher, postepay milano summer festival

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