NIGHTGUIDE INTERVISTA I WE ARE WAVES

NIGHTGUIDE INTERVISTA I WE ARE WAVES

NIGHTGUIDE INTERVISTA WE ARE WAVES
Loro sono i We Are Waves e da ormai sette anni si sono fatti strada nel mondo della musica elettronica, quella bella. Sono 4 ragazzi che da Torino hanno lentamente conquistato molti palchi in Italia e in Europa (anzi forse sono più conosciuti all'estero che da noi, come spesso accade per la musica sperimentale).
Il 16 marzo esce “Hold”, il loro ultimo album, per la prima volta totalmente artisticamente prodotto dalla band, che con le sue 10 tracce ci ha molto impressionato per la sua potenza strumentale e sperimentale e le atmosfere molto internazionali.
La nostra conversazione è stata molto piacevole e questo è quello che ne è venuto fuori.

 
NG. Salve ragazzi. Vi ringrazio per l'intervista e innanzitutto vi chiedo di raccontarci qualcosa di voi per presentarvi ai nostri lettori.
WAW. Ciao, grazie a te! Siamo 4 ragazzi innamorati di certe sonorità legate agli anni '80, soprattutto post-punk e new wave; tentiamo di reinterpretare questi suoni aggiornandoli ai nostri tempi e mescolandoli con quello che di musicale gira oggi, soprattutto in ambito elettronico.

 
NG. Di solito non lo chiedo ma nel vostro caso sarei curioso di sapere il perché del vostro nome. Come avete deciso di identificarvi con delle onde? È solo un accostamento al genere musicale che fate?
WAW. In realtà è un nome nato abbastanza per caso. Ero in tour come bassista per un'altra band, molto lontana da quello che suono di solito. Eravamo in day off tra Abruzzo e Molise e già da un po' stavo cercando il nome per questo nuovo progetto che avevo in mente; volevo qualcosa che esprimesse fragilità e potenza al tempo stesso, evocativo ma non troppo altisonante. É venuto fuori questo We Are Waves che suonava bene, ti raccontava subito qualcosa. Ho scritto agli altri ed è piaciuto subito. Non abbiamo pensato molto alla questione "genere musicale", anche perché in quel momento eravamo vicini a sonorità molto diverse da quelle attuali.

 
NG. Il 16 marzo uscirà “Hold”, il vostro nuovo album. Parlatecene un po'.
WAW. E' un disco cui teniamo tantissimo. E' venuto fuori in un periodo molto difficile della nostra vita, ma che forse proprio per questo ci ha unito come non mai. E' un disco scritto da tutti, che ha impiegato quasi un anno e mezzo per essere realizzato. Ci sono stati molti momenti pesanti, roba da "adesso mollo tutto"; poi però ogni volta che mettevi su un pezzo c'era quest'effetto, che ti sembrava di essere al posto giusto, che valeva la pena continuare. Forse è anche per questo che lo abbiamo chiamato Hold.

 
NG. Ho avuto il piacere di ascoltarlo e ho trovato delle sonorità a me molto famigliari che mi hanno rievocato molti ricordi. Mi è sembrato di ritrovarci un po' di quelle sperimentazioni tipiche dell'elettronica dei miei anni '80. E anche la tua voce ricorda molto i cantanti americani di quel periodo. Chi sono le vostre ispirazioni?
WAW. Ascoltiamo talmente tanta musica diversa da non capirci più quasi nulla! Sicuramente artisti come Trentemoller, Cure o Editors sono costantemente lì tirati in causa. Poi c'è questa specie di ossessione per Morrissey, i nostri dischi sono pieni di citazioni e rimandi. Stavolta abbiamo campionato una sua linea vocale nel brano di apertura, I Can't Change Myself. La senti sotto il cantato in seconda strofa.

 
NG. Non vorrei fare il filosofico ma quando ho letto il titolo del vostro album accostato al vostro nome, l'ho trovato quanto meno bizzarro. Il nome della vostra band riecheggia dell'immagine di un qualcosa che per definizione trascina e travolge, mentre l'album si chiama “hold” che significa trattenere, mantenere. C'è un significato dietro o è solo un caso?
WAW. Beh, una bella contraddizione no? Il significato c'è, ed è sempre quel costante bilico tra fragilità e forza, tra il non sentirsi all'altezza delle situazioni e i momenti in cui realizzi che nonostante tutto il fango che ti circonda stai andando avanti, e non così male come credevi. E' un argomento che ci appartiene e caratterizza da sempre il nostro lavoro. Anche i testi vanno sempre da quelle parti, piccole storie che nascondono grandi spinte, grandi sentimenti. Non so se riesco a spiegarmi.

 
NG. Avete già avuto molte esperienze all'estero e in molti festival. Che differenze avete trovato con le kermesse nazionali?
WAW. Tendenzialmente un pubblico con molte meno paranoie su quanto tu sia cool e quanto hype giri intorno al tuo nome, o su presunte questioni di genere. Ancora oggi ci stiamo sentendo dire da alcuni locali in Italia che rifiutano la proposta perché "il progetto gli piace tantissimo ma non sanno come collocarlo a livello di genere" o "non hanno una serata adatta a livello di genere". E' una cosa che difficilmente abbiamo riscontrato all'estero, si godono la musica e stop, anche se non sanno minimamente chi tu sia o cosa tu faccia.

 
NG. C'è una location in cui non vi siete ancora esibiti e che rappresenta il vostro sogno? E vi piacerebbe produrre qualcosa in collaborazione con altri artisti? Con chi?
WAW. In realtà la location dei sogni è una cosa a cui non pensiamo mai. Ogni posto può essere la location dei sogni se c'è gente e si stanno godendo il concerto. Le date migliori che ci ricordiamo sono le più inaspettate, in posti a volte parecchio improbabili come un maneggio di cavalli dalle parti di Parma. Anche a livello di collaborazioni non siamo particolarmente estroversi...non che non ci interessi, forse non è ancora capitata l'occasione giusta. Se parliamo di sogni, sarebbe stupendo realizzare qualcosa insieme a gente come Carpenter Brut o LCD Soundsystem. 

 
NG. Cosa vi aspetta dopo l'uscita di questo album?
WAW. Speriamo un lungo tour pieno di empatia, persone prese bene e divertimento.

 
NG. Cosa rappresenta per voi la musica in 3 parole e perché?
WAW. Una benedetta dipendenza. Perché per quanto spesso ti ritrovi a odiarla e a credere che ti stia un po' fregando, non riesci a farne a meno. E nient'altro ti fa stare così bene.

 
NG. Ultima domanda; raccontateci 3 album che mai potrebbero mancare nella vostra collezione e il motivo per cui ci siete così legati.
WAW. "Vauxhall and I" di Morrissey, "The Last Resort" di Trentemoller e "I See You" dei The XX. Perchè sono dischi che al momento giusto ti salvano la vita.

 
Intervista a cura di Luigi Rizzo
 

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